La carne coltivata

C’è quindi una lunga strada da fare prima che la carne sintetica diventi la normalità o anche solo accettabile agli occhi della società moderna.

La carne coltivata o carne pulita (o anche carne sintetica, artificiale o in vitro) è un prodotto di carne animale che non è mai stato parte di un animale vivo. Nel XXI secolo diversi progetti di ricerca sono riusciti nella produzione di carne in vitro nei laboratori. Il primo hamburger in vitro, creato da una squadra olandese, è stato mangiato durante una dimostrazione per la stampa a Londra nell’agosto del 2013.

Rimangono diverse difficoltà da superare prima che la carne in vitro diventi disponibile in commercio. La carne coltivata è estremamente costosa, anche se ci si aspetta che il costo possa essere ridotto per competere con quello della carne ottenuta convenzionalmente grazie al miglioramento delle tecnologie.

Alcune persone sostengono che sia necessario un sostanziale cambiamento nell’industria della carne: rispetto a quella ottenuta tradizionalmente, la carne coltivata è preferibile non solo dal punto di vista etico, dal momento che non richiede uccisioni e riduce i rischi di crudeltà sugli animali, ma soprattutto da quello economico, dato che riduce drasticamente l’impatto sia monetario sia ambientale dell’industria della carne. Altre, invece, non condividono l’idea di mangiare carne che non si sia sviluppata naturalmente.

La possibilità teorica di coltivare carne in un ambiente industriale ha catturato a lungo l’immaginazione del pubblico. Già negli anni ’50 lo scienziato olandese Willem van Eelen ebbe l’idea della carne coltivata. La coltivazione in vitro delle fibre muscolari è stata effettuata la prima volta nel 1971 da Russell Ross. In particolare, il risultato era un tessuto muscolare liscio derivato dal maiale, e fatto crescere in coltura cellulare. La coltivazione in vitro è possibile fin dagli anni novanta utilizzando le cellule staminali degli animali, includendo piccole quantità di tessuto, che potrebbero essere in teoria cucinate e mangiate.

Nel 1998 John F. Vein ha richiesto e ottenuto un brevetto negli Stati Uniti per la produzione di tessuti di carne artificiale per il consumo umano, dove cellule di muscoli e di grasso sarebbero state fatte crescere in un sistema di produzione integrato per creare prodotti alimentari come bistecche, polpette e pesce. La NASA ha inoltre condotto esperimenti fin dal 2001, producendo carne coltivata da cellule di tacchino.

Nel 2012 trenta laboratori in tutto il mondo hanno annunciato che stanno lavorando sulla carne coltivata. Il soprannome inglese dato alla carne creata in laboratorio dalla coltura di tessuti animali è “Shmeat” dalla combinazione di “sheet” e “meat”. Tale carne, non contenendo grassi, non è succosa, e pertanto il gusto non è il migliore possibile; tuttavia ha un sapore intenso.

Nel 2020 la Singapore Food Agency ha approvato per la vendita commerciale i “bocconcini di pollo” prodotti da Eat Just; in tale data per la prima volta un prodotto a base di carne coltivata ha superato la revisione della sicurezza di un regolatore alimentare, ed è stato ampiamente considerato come una pietra miliare per l’industria. Nell’Unione europea i nuovi alimenti, come i prodotti a base di carne coltivata, devono passare attraverso un periodo di prova di circa diciotto mesi durante il quale un’azienda deve dimostrare all’autorità europea per la sicurezza alimentare che il loro prodotto è sicuro.

C’è quindi una lunga strada da fare prima che la carne sintetica diventi la normalità o anche solo accettabile agli occhi della società moderna.

Certo è che sarebbe più ecologico, nonché più umano, servirsi di questa straordinaria invenzione piuttosto che di carne di altri esseri viventi.